SPETTACOLI
LE CREATURE DI PROMETEO /
LE CREATURE DI CAPUCCI
Nell’anno in cui ricorre il 250° anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven (Bonn, 16 dicembre 1770 – Vienna, 26 marzo 1827), la Fondazione Carlo Felice di Genova produce in forma scenica la rara esecuzione integrale dell’unico balletto del catalogo beethoveniano, proposto in una suggestiva e inedita combinazione: Le creature di Prometeo / Le creature di Capucci. Il progetto realizza infatti un formidabile incontro tra le arti, celebrando il genio creativo di due storici protagonisti distanti nel tempo quanto vicini nell’estro. Da un lato Ludwig van Beethoven con la sua unica partitura a destinazione coreutica: il balletto in due atti Le Creature di Prometeo (Die Geschöpfe des Prometheus) op. 43, commissionato dal Teatro Imperiale di Vienna per le coreografie di Salvatore Viganò, che debuttò al Burgtheater nel 1801. Dall’altro Roberto Capucci, maestro dell’alta moda internazionale, innovatore di stile capace di far dialogare gli abiti con la natura, l’arte e l’architettura, qui protagonista con una serie di bozzetti dal forte impatto visivo, da poco esposti nella mostra “Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro”.
I due processi artistici si incontrano in questa occasione nella loro natura indipendente, distanti nella storia e nella fonte ispiratrice: linee parallele che si intersecano nello spazio scenico in un insolito connubio da cui nascono nuove possibilità e visioni. I due mondi si ritrovano in una dimensione metaforica: quella della potenza musicale ispirata alla mitologia – come rappresentazione degli archetipi che plasmano la psiche umana – e quella di creature “altre” che come effluvi appaiono per poi sparire nell’immaginario onirico attingendo alla stessa matrice archetipica.
In occasione del concerto, accompagnato dai movimenti scenici di Simona Bucci, la produzione ha dato il via all’eccezionale realizzazione di 15 costumi dai bozzetti originali di Capucci esposti nel 2018 a Palazzo Pitti di Firenze: un sorprendente repertorio di costumi maschili ispirati dall’idea di una messinscena onirica. Musica e moda insieme, dunque, in un duplice e originale omaggio al genio creativo e alla potenza immaginativa dell’arte.
LE CREATURE DI PROMETEO OP.43
DI LUDWIG VAN BEETHOVEN
Prometeo, titano antico e ribelle, ladro di scintille e dispensatore di fuoco: un mito lontano che, tra le ambigue sfumature del tempo, racconta di un’umanità in costruzione, destinata alla civiltà e al progresso attraverso i doni divini dell’amore e della bellezza.
Furono proprio gli “uomini di Prometeo” al centro dell’ispirazione di Salvatore Viganò, celebre coreografo italiano impegnato all’inizio del diciannovesimo secolo nella messa in scena del balletto Le creature di Prometeo con le musiche originali di Ludwig van Beethoven. Il “testo coreografico” dell’epoca non ci è noto, sebbene sia possibile un’indicativa ricostruzione del suo contenuto attraverso il manifesto della prima rappresentazione, dove Le creature di Prometeo veniva annunciato come “un eroico, allegorico balletto in due atti”. L’argomento riprendeva per l’appunto la favola classica di Prometeo “nobile spirito che, trovati gli uomini del suo tempo in uno stato di ignoranza, li affinò nelle scienze e nelle arti e li ammaestrò nei costumi”. Persuaso dal dio Pan, Prometeo conduce sul Parnaso le prime creature per avvicinarle all’arte e all’educazione indispensabile nella vita ed è poi lo stesso Apollo, accompagnato da muse e semidei, a dischiudere i segreti della musica, della tragedia, della commedia e della danza.
Il titolo originale della composizione era Gli uomini di Prometeo, ma già nel programma delle prime rappresentazioni comparve Le creature di Prometeo, denominazione che rimase in seguito definitiva. Poco si conosce sulle circostanze che determinarono l’incontro di due personaggi così psicologicamente distanti come Beethoven e Viganò, né le ragioni per cui il coreografo, star dell’universo teatrale del tempo, si fosse rivolto per la parte musicale del balletto ad un compositore assolutamente estraneo a tale genere di committenza. Sul piano musicale, Beethoven, impegnato a dare il meglio di sé anche nel ruolo di compositore illuminista, seguì con fedeltà l’originale traccia indicata da Viganò (16 episodi a cui si aggiunge un’Ouverture e un’Introduzione); non solo, riuscì inaspettatamente ad animare i drappeggi del candido quadro neoclassico con una strumentazione di ardita raffinatezza e generosa di elementi concertanti. Gli episodi che si ricordano con particolare emozione sono proprio quelli a carattere concertante: come l'”a solo” del violoncello nel V episodio, la melodia del corno di bassetto nel XIV, le variazioni ricche di fantasia nel XV.
A proposito della composizione di Beethoven, Giovanni Carli Ballola scrive: “è un’opera che non manca di coerenza, ben orchestrata, che si distingue per le combinazioni orchestrali colorite e insolite”. La pagina più preziosa rimane comunque l’Ouverture, asciutta e scattante, senz’altro la più nota in quanto spesso eseguita come brano a sé (originariamente presentava il titolo di Tempesta per sottolineare l’atmosfera di gloriosa festa teatrale). Il balletto è indissolubilmente imparentato con il finale dell’Eroica, dal momento che l’idea tematica di quest’ultimo proviene da una melodia già presente nella danza di chiusura del Prometeo (XVI episodio).
La prima andò in scena a Vienna il 28 marzo 1801: il generoso successo fece sì che l’anno successivo il balletto fosse ripreso per un totale di 28 rappresentazioni, sebbene nella lettera del 22 aprile 1801, inviata all’editore Hoffmeister, Beethoven avesse confessato di non essere soddisfatto della sua fatica. In un secondo tempo, Viganò si lasciò sedurre dalle lusinghe del grande spettacolo, trasformando la sua creatura in un’opera ciclopica in sei atti, appesantendola con ogni possibile variante coreografica e macchinazione scenografica e con l’aggiunta di nuove musiche di altri compositori (in questa seconda versione il balletto andò in scena a Milano nel 1813).
Le informazioni su Le creature di Prometeo di Ludwig van Beethoven sono tratte dal testo Beethoven. Signori, il catalogo è questo! di Amedeo Poggi e Edgar Vallora.
0. Ouverture: Adagio – Allegro molto con brio “La Tempesta” (do maggiore)
1. Poco adagio (do maggiore)
2. Adagio (fa maggiore)
3. Allegro vivace (fa maggiore)
4. Maestoso – Andante (re maggiore)
5. Adagio (si bemolle maggiore)
6. Un poco Adagio – Allegro (sol maggiore)
7. Grave (sol maggiore)
8. Marcia. Allegro con brio (re maggiore)
9. Adagio (mi bemolle maggiore)
10. Pastorale. Allegro (do maggiore)
11. Andante (do maggiore)
12. Maestoso (do maggiore)
13. Allegro (re maggiore)
14. Andante (fa maggiore)
15. Andantino (si bemolle maggiore)
16. Allegretto (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi,
2 clarinetti (o corni di bassetto), 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, arpa, archi
Composizione: 1800 – 1801
Prima rappresentazione: Vienna, Hofburgtheater, 28 marzo 1801
Informazioni da: lvbeethoven.it/opus043
ROBERTO CAPUCCI: UN MITO DELLA MODA ITALIANA
Definito da Christian Dior “il miglior creatore della moda italiana”, Roberto Capucci è un’icona planetaria dell’alta moda. Le sue creazioni, ospitate nei musei di tutto il mondo, sono sculture plastiche, ma anche dei tourbillons di plissé, giochi di movimento usciti da fontane sgorganti non acque, bensì preziosissimi taffetà e sete in sfumature che persino l’arcobaleno faticherebbe ad annoverare.
Roberto Capucci nasce a Roma il 2 dicembre 1930. Frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti dove studia con i maestri Mazzacurati, Avenali e De Libero. Nel 1950 apre in via Sistina il suo primo atelier e nel 1951 presenta per la prima volta le sue creazioni presso la residenza del marchese Giovanni Battista Giorgini a Firenze. Partecipa nel 1952, insieme ad altri stilisti, alla prima storica sfilata presso la Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, città alla quale il Maestro rimarrà sempre legato. Nel 1958 crea la Linea a scatola, autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico. Per questa proposta innovativa il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar della Moda – Filene’s Young Talent Design Award – quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Galanos. Nel 1961 viene accolto in modo entusiastico della critica francese per le sfilate parigine nel calendario della Chambre Syndacale de la Mode che lo portano ad aprire nel 1962 un suo atelier al n. 4 di Rue Cambon a Parigi, ricevendo critiche positive da parte della stampa. Il 1968 vede il suo definitivo rientro in Italia, a Roma, nell’atelier di via Gregoriana, dove presenta le sue collezioni nel calendario della moda organizzato dalla Camera nazionale della moda italiana e, nello stesso anno, disegna i costumi di Silvana Mangano e di Terence Stamp per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini.
Nel luglio del 1970 presenta per la prima volta il suo lavoro in un museo, a Roma nel ninfeo del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, con una collezione che rivoluziona la tradizione delle sfilate, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale. Inizia in questi anni la grande sperimentazione del Maestro, con l’inserimento nelle collezioni di elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera, tessuti pregiati, sassi e paglia. Nel 1980 decide di presentare le sue collezioni come personali d’artista, realizzandole senza seguire né scadenze né calendari. Tra le mostre internazionali di questo periodo: Tokyo ‘83 e New York ‘85. Nel 1986 l’Arena di Verona lo chiama a ideare i costumi per le ‘sacerdotesse’ della Norma, in omaggio alla Callas.
La sua stagione espositiva inizia nel 1990 con la mostra Roberto Capucci l’Arte nella Moda – Volume, Colore e Metodo in Palazzo Strozzi a Firenze e viene accolto con grandi elogi sia dalla critica che dal pubblico nei musei più importanti del mondo, come il Kunsthistorisches Museum (Vienna), il Nordiska Museet (Stoccolma), il Museo Puškin delle belle arti (Mosca), il Philadelphia Museum of Art, la Reggia di Venaria Reale (Torino). Nel 1995 viene invitato a presentare le sue creazioni all’Esposizione Internazionale di Arti Visive alla Biennale di Venezia, nell’edizione del Centenario della Biennale (1895-1995). Per l’occasione presenta dodici Architetture in Tessuto ispirate alle pietre semipreziose e realizzate appositamente per quest’occasione. Sempre nel ‘95 il Ministro del Commercio Estero cinese Wu Yi invita Roberto Capucci a presentare una sfilata di 64 abiti-scultura tra i più rappresentativi ai membri del Governo Cinese. Nello stesso anno viene invitato a tenere delle lezioni sulla creatività a Pechino.
Nel 2005, con l’Associazione Civita, crea la Fondazione Roberto Capucci con lo scopo di preservare il suo archivio che consta di 439 abiti storici, 500 illustrazioni firmate, 22.000 disegni originali, una rassegna stampa completa e una vasta fototeca e mediateca. Tra il 2000 e il 2010 presenta Mostre personali a Tokyo, Madrid, Basilea. Nel 2007 apre nella Villa Bardini di Firenze il Museo della Fondazione Roberto Capucci, all’interno del quale vengono organizzate mostre e un’intensa attività didattica. Nell’aprile 2012, in collaborazione con lìAssociazione Moda e Modi di Milano, viene lanciato il Concorso Roberto Capucci per i giovani designer. Oltre agli abiti, l’omaggio dei giovani designer riguarda l’oggettistica e l’arredamento. Si conclude nell’aprile 2013 con la premiazione a Palazzo Reale di Milano dei 3 vincitori e con la mostra/evento presso Palazzo Morando.
Nel marzo 2013 la Venaria Reale di Torino ospita la mostra Alla ricerca della regalità (a cura di Massimiliano Capella) che riscuote un’enorme affluenza di pubblico. Ottavio Rosati realizza sulla mostra il cortometraggio Le Code, le Ali. Nel luglio del 2018 l’Istituto Luce Cinecittà presenta in anteprima mondiale, alla sala Fellini di Cinecittà, il docufilm televisivo La Moda Proibita: Roberto Capucci e il futuro dell’Alta Moda di Ottavio Rosati prodotto da Plays in collaborazione con Jean Vigo Italia.
Roberto Capucci è considerato e riconosciuto a livello internazionale come uno dei più grandi designer del XX secolo. Ha vestito personaggi del mondo dello spettacolo, dell’aristocrazia e del jet set internazionale. Tra i suoi abiti più famosi, quello indossato da Rita Levi-Montalcini in occasione del conferimento del Premio Nobel per la medicina del 1986.
ROBERTO CAPUCCI E IL TEATRO: L’INCONTRO CON DANIELE CIPRIANI
Le creazioni di Roberto Capucci sono un insieme originale e armonioso di pose plastiche e di kinesi, caratteristiche uniche che hanno spinto Daniele Cipriani a chiedere al Maestro di creare due costumi in occasione del gala Les Étoiles in scena nel gennaio 2020 a Roma: per lo Zapateado, interpretato dalla stella spagnola Sergio Bernal, e per l’Idolo d’oro (da La Bayadère) del principal dancer del Dutch National Ballet, Young Gyu Choi. Entrambi i costumi sono stati ispirati dalla natura, il primo nei colori nazionali della Spagna e con richiamo ai costumi dei toreri, il secondo come un riassunto dell’esotismo più fantasioso, frutto dei frequenti viaggi di Capucci in Oriente.
La felice esperienza di Les Étoiles, salutata da grande successo di critica e di pubblico, ha portato ad una nuova collaborazione tra Daniele Cipriani e l’instancabile stilista Capucci con il prestigioso coinvolgimento della Fondazione del Teatro Carlo Felice di Genova ovvero alla realizzazione di 15 costumi per il concerto in forma scenica Le creature di Prometeo / Le creature di Capucci, a partire dai bozzetti della mostra fiorentina “Capucci dionisiaco. Disegni per il Teatro”.
Racconta Roberto Capucci: “Qualche anno fa, mentre rimettevo in ordine il mio archivio di disegni per la Fondazione, mi imbattei in una vecchia bustona ingiallita, il contenuto della quale mi fece fare un salto indietro nel tempo: correva l’anno 1948 e avevo 18 anni, ero un giovane studente dell’Accademia delle Belle Arti. La busta conteneva bozzetti di costumi per una rivista musicale che doveva tenersi a Buenos Aires. Mi ricordo con quale passione e quante attese mi ero messo a creare quei costumi. Ma, come spesso accade, il progetto non andò in porto. Gli eventi della mia vita professionale presero la piega che tutti conosciamo ma se le cose fossero andate in altro modo oggi forse non sarei un creatore di moda ma vivrei in Argentina. A parte l’esperienza con il Teatro di San Carlo di Napoli con Capriccio di Richard Strauss (2002) e le molte collaborazioni con la mia cara amica, il soprano Raina Kabaivanska, non avevo mai creato per la scena. Ma il costume teatrale è sempre rimasto nel mio cuore e da qualche anno ho cominciato, nel mio tempo libero, a creare in questa direzione. Ho cominciato a esporre disegni di questo progetto a qualche mostra: in occasione della Sovrana Eleganza al Castello della Principessa Odescalchi fino alle ultime due mostre, Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro (Firenze, Palazzo Pitti) e Spettacolo onirico. Disegni per il teatro (Napoli, Palazzo Scarpetta). Il successo di critica e pubblico mi ha spinto a continuare su questa strada. È quindi con forte emozione ed energia che mi sono immerso in questo progetto.”
produzione Daniele Cipriani Entertainment
SPETTACOLI
LE CREATURE DI PROMETEO /
LE CREATURE DI CAPUCCI
Nell’anno in cui ricorre il 250° anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven (Bonn, 16 dicembre 1770 – Vienna, 26 marzo 1827), la Fondazione Carlo Felice di Genova produce in forma scenica la rara esecuzione integrale dell’unico balletto del catalogo beethoveniano, proposto in una suggestiva e inedita combinazione: Le creature di Prometeo / Le creature di Capucci. Il progetto realizza infatti un formidabile incontro tra le arti, celebrando il genio creativo di due storici protagonisti distanti nel tempo quanto vicini nell’estro. Da un lato Ludwig van Beethoven con la sua unica partitura a destinazione coreutica: il balletto in due atti Le Creature di Prometeo (Die Geschöpfe des Prometheus) op. 43, commissionato dal Teatro Imperiale di Vienna per le coreografie di Salvatore Viganò, che debuttò al Burgtheater nel 1801. Dall’altro Roberto Capucci, maestro dell’alta moda internazionale, innovatore di stile capace di far dialogare gli abiti con la natura, l’arte e l’architettura, qui protagonista con una serie di bozzetti dal forte impatto visivo, da poco esposti nella mostra “Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro”.
I due processi artistici si incontrano in questa occasione nella loro natura indipendente, distanti nella storia e nella fonte ispiratrice: linee parallele che si intersecano nello spazio scenico in un insolito connubio da cui nascono nuove possibilità e visioni. I due mondi si ritrovano in una dimensione metaforica: quella della potenza musicale ispirata alla mitologia – come rappresentazione degli archetipi che plasmano la psiche umana – e quella di creature “altre” che come effluvi appaiono per poi sparire nell’immaginario onirico attingendo alla stessa matrice archetipica.
In occasione del concerto, accompagnato dai movimenti scenici di Simona Bucci, la produzione ha dato il via all’eccezionale realizzazione di 15 costumi dai bozzetti originali di Capucci esposti nel 2018 a Palazzo Pitti di Firenze: un sorprendente repertorio di costumi maschili ispirati dall’idea di una messinscena onirica. Musica e moda insieme, dunque, in un duplice e originale omaggio al genio creativo e alla potenza immaginativa dell’arte.
LE CREATURE DI PROMETEO OP.43
DI LUDWIG VAN BEETHOVEN
Prometeo, titano antico e ribelle, ladro di scintille e dispensatore di fuoco: un mito lontano che, tra le ambigue sfumature del tempo, racconta di un’umanità in costruzione, destinata alla civiltà e al progresso attraverso i doni divini dell’amore e della bellezza.
Furono proprio gli “uomini di Prometeo” al centro dell’ispirazione di Salvatore Viganò, celebre coreografo italiano impegnato all’inizio del diciannovesimo secolo nella messa in scena del balletto Le creature di Prometeo con le musiche originali di Ludwig van Beethoven. Il “testo coreografico” dell’epoca non ci è noto, sebbene sia possibile un’indicativa ricostruzione del suo contenuto attraverso il manifesto della prima rappresentazione, dove Le creature di Prometeo veniva annunciato come “un eroico, allegorico balletto in due atti”. L’argomento riprendeva per l’appunto la favola classica di Prometeo “nobile spirito che, trovati gli uomini del suo tempo in uno stato di ignoranza, li affinò nelle scienze e nelle arti e li ammaestrò nei costumi”. Persuaso dal dio Pan, Prometeo conduce sul Parnaso le prime creature per avvicinarle all’arte e all’educazione indispensabile nella vita ed è poi lo stesso Apollo, accompagnato da muse e semidei, a dischiudere i segreti della musica, della tragedia, della commedia e della danza.
Il titolo originale della composizione era Gli uomini di Prometeo, ma già nel programma delle prime rappresentazioni comparve Le creature di Prometeo, denominazione che rimase in seguito definitiva. Poco si conosce sulle circostanze che determinarono l’incontro di due personaggi così psicologicamente distanti come Beethoven e Viganò, né le ragioni per cui il coreografo, star dell’universo teatrale del tempo, si fosse rivolto per la parte musicale del balletto ad un compositore assolutamente estraneo a tale genere di committenza. Sul piano musicale, Beethoven, impegnato a dare il meglio di sé anche nel ruolo di compositore illuminista, seguì con fedeltà l’originale traccia indicata da Viganò (16 episodi a cui si aggiunge un’Ouverture e un’Introduzione); non solo, riuscì inaspettatamente ad animare i drappeggi del candido quadro neoclassico con una strumentazione di ardita raffinatezza e generosa di elementi concertanti. Gli episodi che si ricordano con particolare emozione sono proprio quelli a carattere concertante: come l'”a solo” del violoncello nel V episodio, la melodia del corno di bassetto nel XIV, le variazioni ricche di fantasia nel XV.
A proposito della composizione di Beethoven, Giovanni Carli Ballola scrive: “è un’opera che non manca di coerenza, ben orchestrata, che si distingue per le combinazioni orchestrali colorite e insolite”. La pagina più preziosa rimane comunque l’Ouverture, asciutta e scattante, senz’altro la più nota in quanto spesso eseguita come brano a sé (originariamente presentava il titolo di Tempesta per sottolineare l’atmosfera di gloriosa festa teatrale). Il balletto è indissolubilmente imparentato con il finale dell’Eroica, dal momento che l’idea tematica di quest’ultimo proviene da una melodia già presente nella danza di chiusura del Prometeo (XVI episodio).
La prima andò in scena a Vienna il 28 marzo 1801: il generoso successo fece sì che l’anno successivo il balletto fosse ripreso per un totale di 28 rappresentazioni, sebbene nella lettera del 22 aprile 1801, inviata all’editore Hoffmeister, Beethoven avesse confessato di non essere soddisfatto della sua fatica. In un secondo tempo, Viganò si lasciò sedurre dalle lusinghe del grande spettacolo, trasformando la sua creatura in un’opera ciclopica in sei atti, appesantendola con ogni possibile variante coreografica e macchinazione scenografica e con l’aggiunta di nuove musiche di altri compositori (in questa seconda versione il balletto andò in scena a Milano nel 1813).
Le informazioni su Le creature di Prometeo di Ludwig van Beethoven sono tratte dal testo Beethoven. Signori, il catalogo è questo! di Amedeo Poggi e Edgar Vallora.
0. Ouverture: Adagio – Allegro molto con brio “La Tempesta” (do maggiore)
1. Poco adagio (do maggiore)
2. Adagio (fa maggiore)
3. Allegro vivace (fa maggiore)
4. Maestoso – Andante (re maggiore)
5. Adagio (si bemolle maggiore)
6. Un poco Adagio – Allegro (sol maggiore)
7. Grave (sol maggiore)
8. Marcia. Allegro con brio (re maggiore)
9. Adagio (mi bemolle maggiore)
10. Pastorale. Allegro (do maggiore)
11. Andante (do maggiore)
12. Maestoso (do maggiore)
13. Allegro (re maggiore)
14. Andante (fa maggiore)
15. Andantino (si bemolle maggiore)
16. Allegretto (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi,
2 clarinetti (o corni di bassetto), 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, arpa, archi
Composizione: 1800 – 1801
Prima rappresentazione: Vienna, Hofburgtheater, 28 marzo 1801
Informazioni da: lvbeethoven.it/opus043
ROBERTO CAPUCCI: UN MITO DELLA MODA ITALIANA
Definito da Christian Dior “il miglior creatore della moda italiana”, Roberto Capucci è un’icona planetaria dell’alta moda. Le sue creazioni, ospitate nei musei di tutto il mondo, sono sculture plastiche, ma anche dei tourbillons di plissé, giochi di movimento usciti da fontane sgorganti non acque, bensì preziosissimi taffetà e sete in sfumature che persino l’arcobaleno faticherebbe ad annoverare.
Roberto Capucci nasce a Roma il 2 dicembre 1930. Frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti dove studia con i maestri Mazzacurati, Avenali e De Libero. Nel 1950 apre in via Sistina il suo primo atelier e nel 1951 presenta per la prima volta le sue creazioni presso la residenza del marchese Giovanni Battista Giorgini a Firenze. Partecipa nel 1952, insieme ad altri stilisti, alla prima storica sfilata presso la Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, città alla quale il Maestro rimarrà sempre legato. Nel 1958 crea la Linea a scatola, autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico. Per questa proposta innovativa il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar della Moda – Filene’s Young Talent Design Award – quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Galanos. Nel 1961 viene accolto in modo entusiastico della critica francese per le sfilate parigine nel calendario della Chambre Syndacale de la Mode che lo portano ad aprire nel 1962 un suo atelier al n. 4 di Rue Cambon a Parigi, ricevendo critiche positive da parte della stampa. Il 1968 vede il suo definitivo rientro in Italia, a Roma, nell’atelier di via Gregoriana, dove presenta le sue collezioni nel calendario della moda organizzato dalla Camera nazionale della moda italiana e, nello stesso anno, disegna i costumi di Silvana Mangano e di Terence Stamp per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini.
Nel luglio del 1970 presenta per la prima volta il suo lavoro in un museo, a Roma nel ninfeo del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, con una collezione che rivoluziona la tradizione delle sfilate, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale. Inizia in questi anni la grande sperimentazione del Maestro, con l’inserimento nelle collezioni di elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera, tessuti pregiati, sassi e paglia. Nel 1980 decide di presentare le sue collezioni come personali d’artista, realizzandole senza seguire né scadenze né calendari. Tra le mostre internazionali di questo periodo: Tokyo ‘83 e New York ‘85. Nel 1986 l’Arena di Verona lo chiama a ideare i costumi per le ‘sacerdotesse’ della Norma, in omaggio alla Callas.
La sua stagione espositiva inizia nel 1990 con la mostra Roberto Capucci l’Arte nella Moda – Volume, Colore e Metodo in Palazzo Strozzi a Firenze e viene accolto con grandi elogi sia dalla critica che dal pubblico nei musei più importanti del mondo, come il Kunsthistorisches Museum (Vienna), il Nordiska Museet (Stoccolma), il Museo Puškin delle belle arti (Mosca), il Philadelphia Museum of Art, la Reggia di Venaria Reale (Torino). Nel 1995 viene invitato a presentare le sue creazioni all’Esposizione Internazionale di Arti Visive alla Biennale di Venezia, nell’edizione del Centenario della Biennale (1895-1995). Per l’occasione presenta dodici Architetture in Tessuto ispirate alle pietre semipreziose e realizzate appositamente per quest’occasione. Sempre nel ‘95 il Ministro del Commercio Estero cinese Wu Yi invita Roberto Capucci a presentare una sfilata di 64 abiti-scultura tra i più rappresentativi ai membri del Governo Cinese. Nello stesso anno viene invitato a tenere delle lezioni sulla creatività a Pechino.
Nel 2005, con l’Associazione Civita, crea la Fondazione Roberto Capucci con lo scopo di preservare il suo archivio che consta di 439 abiti storici, 500 illustrazioni firmate, 22.000 disegni originali, una rassegna stampa completa e una vasta fototeca e mediateca. Tra il 2000 e il 2010 presenta Mostre personali a Tokyo, Madrid, Basilea. Nel 2007 apre nella Villa Bardini di Firenze il Museo della Fondazione Roberto Capucci, all’interno del quale vengono organizzate mostre e un’intensa attività didattica. Nell’aprile 2012, in collaborazione con lìAssociazione Moda e Modi di Milano, viene lanciato il Concorso Roberto Capucci per i giovani designer. Oltre agli abiti, l’omaggio dei giovani designer riguarda l’oggettistica e l’arredamento. Si conclude nell’aprile 2013 con la premiazione a Palazzo Reale di Milano dei 3 vincitori e con la mostra/evento presso Palazzo Morando.
Nel marzo 2013 la Venaria Reale di Torino ospita la mostra Alla ricerca della regalità (a cura di Massimiliano Capella) che riscuote un’enorme affluenza di pubblico. Ottavio Rosati realizza sulla mostra il cortometraggio Le Code, le Ali. Nel luglio del 2018 l’Istituto Luce Cinecittà presenta in anteprima mondiale, alla sala Fellini di Cinecittà, il docufilm televisivo La Moda Proibita: Roberto Capucci e il futuro dell’Alta Moda di Ottavio Rosati prodotto da Plays in collaborazione con Jean Vigo Italia.
Roberto Capucci è considerato e riconosciuto a livello internazionale come uno dei più grandi designer del XX secolo. Ha vestito personaggi del mondo dello spettacolo, dell’aristocrazia e del jet set internazionale. Tra i suoi abiti più famosi, quello indossato da Rita Levi-Montalcini in occasione del conferimento del Premio Nobel per la medicina del 1986.
ROBERTO CAPUCCI E IL TEATRO: L’INCONTRO CON DANIELE CIPRIANI
Le creazioni di Roberto Capucci sono un insieme originale e armonioso di pose plastiche e di kinesi, caratteristiche uniche che hanno spinto Daniele Cipriani a chiedere al Maestro di creare due costumi in occasione del gala Les Étoiles in scena nel gennaio 2020 a Roma: per lo Zapateado, interpretato dalla stella spagnola Sergio Bernal, e per l’Idolo d’oro (da La Bayadère) del principal dancer del Dutch National Ballet, Young Gyu Choi. Entrambi i costumi sono stati ispirati dalla natura, il primo nei colori nazionali della Spagna e con richiamo ai costumi dei toreri, il secondo come un riassunto dell’esotismo più fantasioso, frutto dei frequenti viaggi di Capucci in Oriente.
La felice esperienza di Les Étoiles, salutata da grande successo di critica e di pubblico, ha portato ad una nuova collaborazione tra Daniele Cipriani e l’instancabile stilista Capucci con il prestigioso coinvolgimento della Fondazione del Teatro Carlo Felice di Genova ovvero alla realizzazione di 15 costumi per il concerto in forma scenica Le creature di Prometeo / Le creature di Capucci, a partire dai bozzetti della mostra fiorentina “Capucci dionisiaco. Disegni per il Teatro”.
Racconta Roberto Capucci: “Qualche anno fa, mentre rimettevo in ordine il mio archivio di disegni per la Fondazione, mi imbattei in una vecchia bustona ingiallita, il contenuto della quale mi fece fare un salto indietro nel tempo: correva l’anno 1948 e avevo 18 anni, ero un giovane studente dell’Accademia delle Belle Arti. La busta conteneva bozzetti di costumi per una rivista musicale che doveva tenersi a Buenos Aires. Mi ricordo con quale passione e quante attese mi ero messo a creare quei costumi. Ma, come spesso accade, il progetto non andò in porto. Gli eventi della mia vita professionale presero la piega che tutti conosciamo ma se le cose fossero andate in altro modo oggi forse non sarei un creatore di moda ma vivrei in Argentina. A parte l’esperienza con il Teatro di San Carlo di Napoli con Capriccio di Richard Strauss (2002) e le molte collaborazioni con la mia cara amica, il soprano Raina Kabaivanska, non avevo mai creato per la scena. Ma il costume teatrale è sempre rimasto nel mio cuore e da qualche anno ho cominciato, nel mio tempo libero, a creare in questa direzione. Ho cominciato a esporre disegni di questo progetto a qualche mostra: in occasione della Sovrana Eleganza al Castello della Principessa Odescalchi fino alle ultime due mostre, Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro (Firenze, Palazzo Pitti) e Spettacolo onirico. Disegni per il teatro (Napoli, Palazzo Scarpetta). Il successo di critica e pubblico mi ha spinto a continuare su questa strada. È quindi con forte emozione ed energia che mi sono immerso in questo progetto.”
produzione Daniele Cipriani Entertainment